Il licenziamento e tipo di tutela del lavoratore Il lavoratore licenziato illegittimamente può impugnare il licenziamento, chiedendo una delle due forme di tutela previste ex lege. Se l’azienda conta più di quindici dipendenti, il lavoratore potrà chiedere la tutela reale, mentre, in caso contrario, la tutela obbligatoria. La tutela reale è prevista dall'articolo 18 della Legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) e si applica ai datori di lavoro che presentino datori che occupino, nell'unità produttiva ove si è verificato il licenziamento, più di 15 dipendenti o che occupino, anche in più unità produttive, ma nell'ambito dello stesso comune ove è sita l'unità produttiva in cui si è verificato il licenziamento, più di 15 dipendenti oppure che occupino complessivamente più di 60 dipendenti. Nei suddetti casi, qualora il giudice accerti e dichiari l’illegittimità del licenziamento, il datore di lavoro sarà obbligato a reintegrare il dipendente nel posto di lavoro, nonché a risarcire il danno arrecato al lavoratore, per una somma pari alla retribuzione totale che il lavoratore avrebbe avuto diritto a percepire dal giorno del licenziamento fino a quello della reintegrazione in azienda. La somma dovuta a titolo di risarcimento del danno non può mai essere inferiore ad un importo pari a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore, inoltre, sarà condannato a versare i contributi assistenziali e previdenziali dovuti per il periodo compreso tra il licenziamento e il provvedimento di reintegra. E’ data, tuttavia, al lavoratore la facoltà di non essere integrato nuovamente in azienda, nel qual caso egli potrà chiedere un’indennità sostitutiva, pari a 15 mensilità della sua retribuzione globale di fatto. La scelta deve essere comunicata entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza. Qualora il lavoratore, infatti, non si presenti in azienda entro trenta giorni o non comunichi la sua volontà di optare per l'indennità sostitutiva, il rapporto di lavoro si intenderà definitivamente risolto. Nell’ipotesi di tutela obbligatoria, la legge prevede che il datore di lavoro potrà scegliere tra riassumere il lavoratore entro tre giorni dalla pubblicazione della sentenza oppure pagare al dipendente ricorrente un’indennità risarcitoria, compresa tra 2,5 e 6 mensilità (estensibile sino a 10 per i lavoratori con almeno dieci anni di anzianità e fino a 14 per i dipendenti in servizio da più di venti anni). La misura dell'indennità è stabilita dal giudice sulla base dell'anzianità di servizio, delle dimensioni aziendali, nonché del comportamento tenuto dalle parti. Nella tutela reale si ha la "reintegrazione" nel posto di lavoro, al contrario di quanto avviene in relazione alla tutela obbligatoria, laddove si parla di "riassunzione". Il lavoratore, pertanto, viene assunto sulla base di un nuovo contratto e viene azzerata la pregressa anzianità di servizio ed il datore non deve pagare né la retribuzione, né i contributi assistenziali e previdenziali per il periodo intercorrente tra licenziamento e riassunzione. Nella tutela reale la scelta tra reintegrazione ed indennità sostitutiva spetta al lavoratore, mentre nella tutela obbligatoria la scelta tra riassunzione e pagamento dell'indennità spetta al datore di lavoro e la misura del risarcimento è inferiore nella tutela obbligatoria. La Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 141/2006 ha stabilito che in relazione all’onere della prova il lavoratore deve provare l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato e l'illegittimità del licenziamento, mentre il datore deve provare la giusta causa o il giustificato motivo del licenziamento e le dimensioni dell'impresa. Avv. Mario Astolfi